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Formaggio a New York

Adoro il formaggio. Ricordo che da studente di dottorato nei primi anni ‘90 a Berkeley per riuscire a trovare dei buoni formagg dovevo recarmi in un negozio specializzato in prodotti gastronomici di tutto il mondo, e così riuscivo a comprare (e non a buon mercato) un buon pezzo di Parmigiano con cui tirare avanti per qualche settimana. Negli USA i formaggi sono sempre stati fortemente sconsigliati da molti medici e nutrizionisti, per il loro contenuto di grassi saturi (mentre guai a parlare male del consumo eccessivo di carne ad esempio: paradossi del nutrizionismo strabico…)
Con gli anni però le cose sono un po’ cambiate. I formaggi sono sempre sconsigliati e addirittura per alcuni formaggi a latte crudo è vietata l’importazione per paura di possibili conseguenze sanitarie, ma è comunque cresciuto il numero di persone che apprezzano questa multiforme categoria di derivati del latte. Non mi ha stupito quindi, nella miarecente fugace visita a New York di cui vi ho già accennato, scoprire in vari negozi una gran varietà di formaggi.
Entriamo ad esempio in un market della catena Fairway,
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Il banco dei formaggi è il primo che incontriamo dopo l’entrata (cliccate per ingrandire e leggere i cartellini)
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Potete vedere del pecorino toscano, del pecorino “de” fossa (sic :-) ) ma anche formaggi spagnoli e francesi.
Il Parmigiano ha uno stand tutto suo
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ma lì a fianco troviamo anche del “domestic parmesan” (a occhio stagionato pochissimo quindi niente a che vedere con the real thing!)
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Usciamo da Fairway ed entriamo da Zabar’s (vi ricordate? ero andato a far colazione). Anche qui i formaggi ci accolgono subito (clic per ingrandire)
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Mi sembra decisamente meglio fornito del precedente: troviamo asiago, taleggio, provolone, gorgonzola, fiore sardo e tante altre cose. “Vento d’estate (Veneto)” però sinceramente non so che cosa sia. Qualcuno lo conosce? EDIT: Andrea nei commenti mi informa che è un formaggio prodotto  in provincia di Treviso. E “Il Riccio (Lombardy)”? Non è infrequente trovare in USA dei presunti prodotti italiani, o comunque dal nome italiano, l’italian sounding, che però sono sconosciuti qui da noi.
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Esistono anche negozi totalmente specializzati in formaggio ma, per un italiano, di difficile classificazione: si può entrare a far colazione o pranzare ma il tema principale sono i formaggi, che oltre ad essere venduti sono anche preparati nel laboratorio interno, diviso da una vetrata
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Qui hanno appena finito di preparare quella che sembra una specie di ricotta, il tutto visibile mentre si è seduti al tavolino a fare colazione: il cheesemaking come attrazione.
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E si possono acquistare libri sul formaggio, ma anche piccoli kit per il “fai da te”
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A proposito, vi ricordo che nel numero di Marzo di Le Scienze, ora in edicola, c’è un mio articolo sul “mascarpone fai da te”, per chi si volesse cimentare :-)
Gli americani non si limitano a importarli i formaggi, ma stanno anche imparando a farli: qui sotto vedete un “Oregonzola”, proveniente dall’Oregon
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Solitamente gli italiani snobbano questi ”innumerevoli tentativi di imitazione”, come per la famosa rivista di enigmistica. Io però non sottostimerei il fenomeno: con i microorganismi adatti (si comprano senza problemi), il latte adatto, le condizioni ottimali, e le opportune conoscenze non c’è nulla che impedisca di produrre dell’ottimo Gorgonzola in Oregon, o dell’eccellente Parmigiano in Cina. Nulla. Per i formaggi (e i salumi) potrà accadere quello che è successo con i vitigni “internazionali”, e non sarà certo un burocratico marchio DOP a impedirlo. Conosco le obiezioni: manca il “terroir”, il legame con il territorio, la cultura, le tradizioni. Ma perché, a chi compra parmesan invecchiato un anno prodotto nello stato di New York interessa il legame con il territorio e la tradizione? Comprano il prodotto, non le suggestioni romantiche. Dategliene uno buono, stagionato due anni ma prodotto in USA, e non avrà più motivo di comprare quello italiano. Succederà. L’unica incognita è su chi lo produrrà: una azienda italiana che impianta la produzione in USA di un buon “parmesan”  o l’analogo caseario di Starbucks? E’ chiaro che questo è solo un esempio: se non sarà il parmigiano potrà essere il prosciutto crudo o altro.
Certo, ci sarà sempre chi apprezzerà il Bettelmatt, e distinguerà l’acquisto anche in base alla malga di provenienza (io lo faccio), ma se la qualità di quelle che ora classifichiamo come “imitazioni” continuerà ad aumentare succederà forse quello che è già successo con altri prodotti “italiani di origine” ma diffusi capillarmente nel mondo non certo da italiani (vorrei ricordare il caffè espresso e il cappuccino  con il fenomeno di Starbucks, comunque uno lo giudichi, o la pizza con le innumerevoli catene in tutto il mondo. Nessuna italiana! Sta accadendo per l’olio extravergine di oliva. Vogliamo parlare dell’inesistenza sulla scena mondiale del pane italiano nelle sue molteplici incarnazioni? “Artigianale” è bello, ma fino ad un certo punto. Nel gelato, altro prodotto di cui dobbiamo andare orgogliosi, qualcosa si muove, soprattutto grazie a Grom, che però proprio per la sua struttura necessariamente semiindustriale, con semilavorati, è spesso criticato dai gastropuritani nostrani dell’artigianale a tutti i costi. Ci torneremo su)
Facciamo ora un salto nel tempio della gastronomia italiana a NY: Eataly, sulla quinta strada
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Qui trovo anche del Parmigiano Vacche Rosse
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Certo, sono 28$ alla libbra. Settimana scorsa ho acquistato due pezzi di Vacche Rosse al vicino supermercato Auchan a 23 euro al kg. Ma questa è New York, e Eataly fa soldi a palate.
E’ tempo di pranzare, e visto che sono qui mi siedo in uno degli innumerevoli ristorantini interni. Mi tengo leggero con un panino (con formaggio di capra) e una zuppa, entrambi buoni.
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L’acqua, del rubinetto, è gratuita, come ovunque in USA. Se provate a chiederla in un ristorante in Italia vi fanno sentire dei barboni, così come (spesso) se osate chiedere del vino al bicchiere.
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Il fenomeno che vi illustravo prima lo si vede bene da Eataly: il megastore non vende solo prodotti italiani importati dall’italia, ma anche buoni prodotti, come dire, di “stampo” italiano ma prodotti localmente dai migliori produttori. O pensate davvero che la mozzarella buona la possiamo fare solo in Italia? Che ci sia qualche cosa nell’aria italiana che renda impossibile replicare i nostri prodotti all’estero? Su, scendiamo dal pero…
Non stupisce quindi che nel banco delle carni si trovi della carne piemontese
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Solo che “piemontese” si riferisce alla razza di vacche, perché l’ottimo filetto proviene da un animale, di razza piemontese, allevato in un ranch di Miles City, nel Montana.

Sushi

Il sushi è la pietanza giapponese più famosa nel mondo, oltre che uno dei piatti più popolari tra i giapponesi stessi, che sono soliti gustarlo in speciali occasioni.durante il periodo di Edo, il termine “sushi „ era riferito ai pesci marinati conservati sott'aceto. Al giorno d'oggi il sushi può essere definito come piatto che contiene riso che è stato preparato con un particolare tipo di aceto, l'aceto da sushi appunto. Ci sono molti tipi differenti di sushi. Alcuni tra i più popolari sono:

sushi giapponese, preparazione sushi tonno pesce crudo giapponese






















NIGIRI- polpettine di riso ricoperte di pesce, uova etc. Ci sono infinite varietà di nigiri-sushi, alcune tra le più comuni sono fatte col tonno, col salmone, con i gamberi, con i calamari col polpo e con le uova fritte. Sono gli unici a poter essere chiamati strettamente sushi, parola che talvolta viene utilizzata per descrivere l'intera gamma della cucina tradizionale giapponese monoporzione.

gunkan sushi uova di pesce crudo ristorante sushi bar take away tokyo cibo






















GUNKAN- Coppette fatte di riso da sushi e di alga secca riempite di frutti di mare, uova ecc. Ci sono molte varietà differenti di gunkanzushi, alcuni tra i tipi più diffusi sono quelli farciti con ricci di mare e vari generi di uova di pesce. Se escludiamo le più pregiate vvarietà di tonno toro per la preparazione dei nigiri, alcuni di questi sushi raggiungono cifre molto elevate.

norimaki sushi tradizionale originale giapponese tradizione culinaria asiatica di pesce crudo






















NORIMAKI- riso da sushi con pesce, verdure etc. arrotolato in foglie di alga nori secca. Ci sono moltissime varietà di involtini, le quali si differenziano per ingredienti e spessore. Gli involtini preparati col riso all'esterno sono molto popolari fuori dal Giappone, ma difficili da trovare in Giappone. Sono considerati come una pausa di sapore tra un nigiri sushi ed un'altro.

temaki, sushi coni cono pesce crudo giapponese ristorante take away di pesce del giappone






















TEMAKI- I temakizushi sono coni fatti di alga nori e riempiti di riso per sushi, pesce e verdure.Conosciuti globalmente come sushi-coni, sono economici e di solito realizzati con residui di tagli di sushi più pregiati o di sashimi. Nonstante ciò se volete riepire lo stomaco senza spendere, i temaki son un'ottima soluzione il cui sapore si discosta poco ,per i palati non allenati. da quello del sushi.

oshizushi, sushi pressato giapponese, cibo tradizionale asiatico cucina giapponese tipica sushi cruderia






















OSHIZUSHI- L'Oshizushi è sushi pressato, in cui le fette di pesce vengono schiacciate sul riso contenuto in un recipiente di legno. Difficilmente si trova in occidente o nei ristoranti giapponesi, visto che è considerato un piatto della cucina povera e artigianale del giappone.

 
inari sushi, piatto economico giapponese tofu riso giappone sushi epsce crudo






















NARI- il narizushi è un tipo di sushi semplice ed economico, nel quale il riso per sushi viene utilizzato per riempire dei sacchettini fatti di tofu fritto. Può essere insaporito con svariate salse e talvolta gustato leggermente dolce.

chirashi sushi insalata di pesce giapponese, cucina di pesce frescoc rudo tonno anguilla prelibato ricetta originale del giappone sushi






















CHIRASHI- il Chirashizushi è un piatto in cui pesce, funghi e verdure varie sono sparse su un'abbondante porzione di riso per sushi. Il sapore generale è simile a quello del sushi tradizionale ma tipicamente viene gustato in casa e non al ristorante.

 

Le Farine Naturalmente Prive di Glutine

Esistono farine naturalmente senza glutine, in quanto derivate da ingredienti che non contengono questa proteina. Ovviamente ci potrebbero essere problemi di contaminazione nelle fasi di preparazione della farina ed è perciò meglio informarsi sulle loro condizioni di produzione, imballaggio ecc.


Farina di riso: si ottiene dalla macinazione del riso, privato delle impurità. Ha un sapore molto delicato e si conserva a lungo. Si può trovare anche integrale, che ha un sapore più intenso, una consistenza più granulosa ed un alto valore nutritivo. Dato che nella crusca sono presenti degli olii, in generale la farina integrale si conserva meno a lungo di quella bianca e tende ad assumere col tempo un sapore più intenso.


Crema di riso: si ottiene con una macinatura molto fine del riso. Si trova facilmente, per la verità variamente arricchita di vitamine, ma comunque sempre senza glutine, come alimento per lo svezzamento del lattante. In genere si tratta di crema di riso precotta, che quindi può essere usata con maggiore rapidità ed essere meglio digerita dal bambino. Nei negozi di cibi naturali si trovano anche la crema di riso e la crema di riso integrale (derivata dalla macinazione del riso non del tutto privato della crusca), non precotte e non arricchite per la prima infanzia. Le ricette che ne prevedono l'uso di solito si riferiscono alla crema di riso non precotta, che pesa un po' di più di quella per l'infanzia. Bisogna tenerne conto per le dosi consigliate.
Semolino di riso: deriva da una macinazione più grossolana del riso. Può sostituire il semolino di grano in molti piatti, dal semolino al latte, agli gnocchi alla romana, alla "frittura dolce" piemontese. Si trova nei negozi di alimenti naturali.


Farina di riso "glutinoso": nonostante il nome, può essere tranquillamente usata dai celiaci perché si tratta della farina derivata dalla macinazione di un particolare tipo di riso, particolarmente ricco di amido e quindi molto "colloso". E' con questa farina che per secoli i cinesi hanno preparato i loro spaghetti di riso. Ed è nei negozi e nei supermercati di prodotti alimentari "stranieri", da poco nati anche da noi, che si può trovare questa farina. Se vuoi vedere la foto di un imballo e come si scrive in cinese clicca qui


Farina di mais bramata: deriva dalla macinazione del mais e viene comunemente usata per la polenta. Si trova anche precotta, il che abbrevia i tempi di preparazione.


Farina di mais fioretto: è un prodotto semoloso più fine della farina bramata.


Farina di mais fumetto: è una farina sottilissima, che viene usata di solito per la pasticceria.


Farina di mais integrale: come la farina integrale di grano o di riso, contiene una certa percentuale di crusca. Puòessere mescolata, in piccole quantità, alla farina di mais bramata o fioretto per la preparazione di polente.


Farina di mais bianca: è tradizionale del Veneto, dove si usa per la polenta bianca. Può essere impiegata anche per preparare dolci e pane.


Amido di mais (o maizena): viene usato di solito per addensare salse e sughi, nei budini, per rendere più leggera la pasta di certi dolci, e così via. Nella cucina senza glutine puòessere impiegato, mescolato con altre farine, come sostituto della farina di grano. La maizena si trova comunemente in negozi e supermercati e si conserva a lungo.


Fecola di patate: viene usata comunemente per legare salse, sughi, budini, ecc. Nella cucina senza glutine puòessere usata, mescolata con altre farine, come sostituto della farina di grano, con particolari risultati di leggerezza e buona conservazione del prodotto. La fecola si trova comunemente in negozi e supermercati. Si conserva molto bene e a lungo.


Tapioca (detta anche farina di manioca): è un amido, come la fecola di patate o la maizena, ottenuto dai tuberi di una pianta chiamata manioca. Dà una particolare consistenza "morbida" ai prodotti da forno per cui la si usa. Una volta veniva usata più spesso, nei dolci o nelle minestre, mentre oggi la si trova quasi soltanto come crema precotta, mescolata con crema di mais o di mais e riso, tra gli alimenti della prima infanzia. E' possibile trovarla nei negozi di alimenti naturali, ma si presenta per lo più in forma di fiocchi, di granuli piuttosto grossi. Per ridurla a farina, ed usarla mescolata ad altre farine, per esempio per preparare vari tipi di pane e di focaccia, si può cercare di ridurla il più fine possibile, frullandola nel frullatore o passandola nel mixer. Poiché viene impiegata abitualmente in alcune cucine africane e asiatiche, di recente la farina di tapioca, leggerissima, quasi impalpabile, è comparsa nei negozi e supermercati di prodotti alimentari "stranieri".


Farina di soia: èderivata dalla macinazione dei semi di soia. Ha un elevato contenuto di proteine (èquindi molto nutriente, ma anche un po' "pesante"), una struttura oleosa e un accentuato sapore di nocciole. Da' ottimi risultati, in combinazione con altre farine senza glutine, soprattutto nei dolci, alla cui consistenza dà maggiore morbidezza e "umidità" (per lo più il difetto dei prodotti senza glutine è che restano un po' sabbiosi). Non ci si deve impressionare per il profumo, che nella farina cruda è abbastanza sgradevole, ma che cambia completamente con la cottura. Rispetto alle altre farine, che si conservano bene anche per periodi piuttosto lunghi, paragonabili a quelli della farina di grano, la farina di soia ha invece una durata limitata, una volta aperta. E' consigliabile surgelarla e prenderne solo la quantità di cui si ha bisogno di volta in volta. Si trova nei negozi di alimenti naturali.



Farina di grano saraceno: nonostante il nome, non ha nulla a che fare con il grano. Deriva dalla macinazione dei semi di una pianta che non è neppure una graminacea ma una poligonacee (Polygonun Fagopyrum L), con stelo erbaceo ramificato, foglioline verdi ed inforecenza rosa. Viene chiamata grano saraceno perchè ha poteri nurtizionali simili al grano e perché pare sia satata intodotta nelle nostre zione dai turchi. La farina di grano saraceno è priva di glutine , in generale è più povera di proteine, ma contiene maggiori quantità di amido. .Di solito questa farina, piuttosto scura, viene usata insieme alla farina di grano per preparare pane, gallette, pasta (per es. i pizzoccheri della Valtellina), che sono naturalmente vietati per il celiaco in quanto contengono appunto anche farina di grano. Oltre che nella polenta "taragna", mescolata alla farina di mais, la farina di grano saraceno può essere usata insieme ad altre farine senza glutine, per torte rustiche, pane, a cui dà un sapore, una consistenza e un aspetto simile a quello del comune pane integrale. La farina di grano saraceno si trova nei negozi di cibi naturali.


Farina di castagne: deriva dalla macinazione di castagne secche. Viene usata per la preparazione di dolci, frittelle, castagnaccio.


Farina di ceci: è una farina di legumi tipica della tradizione regionale italiana. Il suo impiego più diffuso ènella farinata.


Farina di mandorle, di noci, di nocciole, di arachidi: la farina si ottiene facilmente in casa, macinando finemente (con l'aiuto di un mixer) mandorle (pelate o no, dipende dal tipo di farina che si vuole ottenere: quella derivata dalle mandorle non pelate è più grezza e un po' meno dolce), nocciole (pelate o no, come per le mandorle), noci, arachidi. Sono ingredienti ad alto valore nutritivo, e il loro impiego nella cucina senza glutine, soprattutto nei dolci, dà risultati ottimi, molto gradevoli.

Amidi e Fecola di Patate: Differenze

Nonostante sia piuttosto palese la destinaizone d’uso di questi ingredienti, vediamo nello specifico cosa li distingue e perchè preferirne uno rispetto ad un altro.
Innanzitutto ciò che li accomuna è
  • Precipitano tutti con percentuali di alcool superiori al 10%(si separano dal liquido in cui vengono aggiunti)
  • Sono intolleranti allo iodio(si colorano di blu)
  • Più calorici rispetto ad altri addensanti(perchè se ne usa tendezialmente di più e perchè lo sono di più rispetto a quelli analoghi come agar-agar, guar, xhantano ecc. ecc.)
  • Insolubili a freddo
  • Solubili una volta cotti
Mentre le differenze intrinseche che li distinguono sono legate
  • Alla temperatura di gelatinizzazione
  • Al prezzo
  • Alla granulometria
  • Al rapporto amilosio / amilopectina
In particolare, quest’ultimo, è responsabile della struttura finale: una maggior presenza di amilosio darà alla struttura / consistenza spatolabile e morbida, mentre una maggior percentuale di amilopectina darà una struttura salda, simile ad un budino. Infatti se viene usato l’amido di mais (22% di amilosio) nella crema pasticcera si otterrà un prodotto molto morbido, spatolabile e poco legato; se utilizzo invece quello di riso (16% di amilosio), la crema sarà più salda.
Allo stesso tempo la retrogradazione* del amilosio e dell’amilopectina sono diverse, ad esempio l’amilopectina è più veloce e un’eventuale riscaldamento riporterà l’amilopectina nello stato di gel. Per l’amilosio ciò non è invece possibile, a meno che non si raggiungano i 170°C.
Ci sono poi amidi nativi e amidi modificati, quelli nativi sono estratti semplicemente dalla fonte di partenza, senza alcuna modifica della sua struttura (quelli più comuni), mentre quelli modificati sono amidi che vengono, come dice il nome, modificati. La modificazione implica un processo chimico o enzimatico con il fine di conferire allo stesso determinate caratteristiche tecnologiche°, ad esempio l’amido acetato è uno di essi è la trasformazione subita lo rende un coadiuvante per prevenire o impedire la retrogradazione degli impasti.
Un altro elemento importante che è opportuno tenere in considerazione nella scelta dell’addensante più appropriato, è il contenuto di amilosio che, rispetto alla amilopectina, ha un indice glicemico più basso.
Per quando riguarda la percentuale d’uso, oscilla tra l’8 e il 12% in relazione ai liquidi, se si vogliono ottenere budini. Mentre al 10% (fino al 100%), in relazione alla farina, nei prodotti da forno dolci (pan di Spagna, frolla) per aumentare lasofficità.
  • A questo indirizzo è possibile scaricarsi un files (.pdf) con le caratteristiche degli stessi.
°Le caratteristiche tecnologiche sono le caratteristiche esclusivamente tecniche che un ingrediente conferisce. Ovvero l’ingrediente in questione viene utilizzato esclusivamente per migliorare un aspetto che potrebbe essere la consistenza, la conservazione, il colore, la tollerenza alla luce ecc. ecc. L’ingrediente non viene invece utilizzato con altri fine di migliorare ad esempio il gusto.
*Retrogradazione è un fenomeno legato dell’amido è ed alla base della formazione del pane raffermo, può essere considerato l’inverso della gelatinizzazione.
La retrogradazione consiste nella tendenza da parte dell’amido a riassumere la struttura originaria. Sebbene l’amido in realtà non riesca mai a tornare in una configurazione simile a quella iniziale, infatti in realtà si forma una struttura intermedia rigida dovuta all’avvicinamento delle catene di amilosio e alla crescita di cristalli di amilopectina. La quantità di amido retrogradato è quindi direttamente proporzionale al contenuto di amilosio.

Patate: Proprietà e Benefici

 

Patate: nome di battesimo

Tubero derivato dalle patate della specie Solanum tuberosum.

Patate: dicono di loro

“Le patate contengono una sostanza antitumorale, l’acido cloro genico.”spiega Mary Ellen Camire, Professore associato e capo del Dipartimento di Scienza Alimentare e Nutrizionale Umana della University of Maine a Orono. “Per trarre il massimo giovamento dalle proprietà antitumorali delle patate, bisogna mangiare anche la buccia o, in alternativa, bollirle senza sbucciarle e usare l’acqua di cottura per altri piatti, per esempio minestre o stufati.”

Patate, alleate di

Apparato digerente, circolazione sanguigna, pelle, peso.

Proprietà delle patate

Regine dei tuberi, le patate sono ricche di vitamina C, efficace nel limitare i danni causati dai radicali liberi, molecole di ossigeno nocive per i tessuti organici. Inoltre, la presenza di potassio le rende un ottimo aiuto contro l’ipertensione; impacchi con fette di patate sono utili anche nei casi di ustioni leggere, e la fecola può essere utilizzata per idratare la pelle secca. Le patate sono alimenti energetici e disinfiammanti dell’apparato digerente; favoriscono inoltre la formazione e l’espulsione di feci abbondanti e morbide e sono utile quindi in presenza di emorroidi, in caso di gastriti, di ulcere dello stomaco e del duodeno, di coliti, specialmente se ulcerose. Le patate sono ricche di carboidrati complessi, dunque indicate per chi soffre di diabete. I carboidrati complessi infatti devono essere scomposti in zuccheri semplici prima di essere assorbiti, il che significa che entrano in circolazione in maniera graduale, contribuendo a una maggiore stabilità della glicemia. Le patate danno un forte senso di sazietà e perciò aiutano a controllare la fame e a perdere peso.

Sapevate che

- In Europa le patate non riscossero subito fortuna e non per qualche inconveniente intrinseco, ma perché, appartenendo alla famiglia delle Solanacee, venivano associate ad altri vegetali che fanno parte dello stesso gruppo, tra i quali anche la pianta velenosa conosciuta con il nome dibelladonna. Prima di essere apprezzate, dunque, le patate in Europa sono state temute.
- A inventare le patatine fu un cuoco indio-americano, George Crum. Era una sera d’estate del 1853, quando al Moon Lake, il ristorante di lusso di Saratoga Springs (New York) dove lo chef lavorava, approdò l’esigente magnate delle ferrovie Cornelius Vanderbilt. L’imprenditore aveva rimandato indietro per ben tre volte un piatto di patate perché non erano abbastanza sottili per il suo palato. Esasperato Crum decise allora di vendicarsi; tagliò le patate in fette sottilissime, immaginando che, una volta fritte, sarebbero state troppo dure per essere mangiate. Al contrario, Vanderbilt fu entusiasta della ricetta e il piatto divenne una specialità del ristorante. Qualche anno dopo Crum aprì un ristorante tutto suo: ogni cliente accomodandosi al proprio tavolo, veniva accolto da un cesto di patatine fritte. Crum non brevettò mai la ricetta e nel 1920 una ditta californiana, la Scudder’s Potato, aprì la strada al consumo di massa, inventando i tipici sacchetti per patatine fritte, studiati per preservare freschezza e croccantezza.

Una ricetta nella manica

Le patate trovano un largo impiego in cucina, sia in ricette ricche che in quelle modeste. Di base possiamo distinguere due tipi di patate: quella bianca, farinosa, adatta per gnocchi e purè, e quella gialla, di grana più compatta.
Noi vi suggeriamo una ricetta che potete realizzare con entrambe le varietà: isupplì di patate.
Ingredienti per 6 persone: 500 g di patate, 500 g di farina, 2 uova, 80 g di burro, 30 g di lievito di birra, sale, mezzo bicchiere di latte, 4 cucchiai di parmigiano grattato, 50 g di salame, olio per friggere (meglio quello di arachidi). Lavate le patate, sbucciatele e passatele ancora calde. Mettete il purè ottenuto sulla tavola e unite farina, uova, burro e lievito sciolto con un po’ di acqua tiepida. Condite con un pizzico di sale e impastate il tutto. Lasciate il composto a lievitare per 2 ore. 

Preparate una besciamella a base di burro (una noce), farina (un cucchiaio) e del latte (mezzo bicchiere) che condirete con sale, parmigiano e salame in pezzetti. Dividete la pasta in pezzi (ne verranno circa una trentina) cui darete la forma di una pallina, aiutandovi con farina. Al centro di ogni palletta formate una fossetta e riempitela con la besciamella condita. Una volta rinchiuso il ripieno, friggete in olio caldo. Potete servirli sia caldi che freddi.

Le Patate


Origini

La scoperta della patata risale a numerosi secoli addietro, quando un gruppo di ufficiali spagnoli in procinto di preparare le truppe per l’invasione del Perù andò in perlustrazione del territorio. La prima cosa che notarono, addentrandosi nelle campagne, fu una strana coltura dalle piccole foglie argentee e con fiori bianchi, da cui pendevano piccole bacche grandi come nocciole. Gli ufficiali vollero subito assaggiarle pensando che si trattasse di un qualche tipo di frutto ma il sapore amaro delle bacche fece loro pensare che si dovesse trattare di una pianta velenosa, che i ‘selvaggi’ coltivavano in grandissima quantità per poter disporre del veleno in cui intingevano le frecce. Nonostante una scoperta del genere andasse evidentemente contro l’indole mite e pacifica degli indigeni, gli spagnoli decisero in ogni modo di distruggere quelle piante misteriose e quando si recarono di nuovo nei campi per apprestasi a portare a termine l’opera, trovarono interi villaggi intenti alla raccolta e scoprirono che quello che raccoglievano non erano le bacche (presunte) velenose ma delle grosse protuberanze che stavano celate sotto la terra insieme alle radici, che venivano poi cotte in acqua e offerte ai lavoratori come pranzo. Incuriositi, anche gli spagnoli vollero assaggiare questi tuberi chiamati ‘papa’ e dovettero riconoscerne le proprietà nutritive e la loro capacità di dare subito un buon senso di sazietà, anche se il sapore non era proprio dei più appetitosi.
Tornati in patria, gli spagnoli ovviamente portarono con sé alcuni esemplari di papa e qualche indicazione su come coltivarle, con la conseguenza che le patate si diffusero straordinariamente bene anche dalle nostre parti del mondo, diventando una vera e propria salvezza contro la fame per la popolazione spagnola stremata dalle guerre di Filippo II. La patata venne quindi coltivata in grandissime quantità, diffondendosi rapidamente in tutta la Spagna, e da lì piano piano conquistò l’Europa intera. Dalla Spagna, infatti, passò prima in Italia e in Germania, successivamente in Francia dove venne subito relegata a cibo per ospizi e ospedali. Dovettero passare quasi due secoli però prima che la patata conquistasse il suo posto in cucina, infatti all’inizio era vissuta prevalentemente come una pianta d’appartamento, forse per il suo aspetto insolito e per il fatto che, a differenza di altre colture, non si potesse mangiare anche cruda.
La guerra dei trent’anni, le carestie e le epidemie che colpirono il nostro continente intorno alla metà del ‘700 diedero il via per una coltivazione sistematica di questo tubero anche in Irlanda, in Inghilterra, in Prussia e in Olanda, mentre proprio non riusciva a venire ‘promossa’ come alimento di una certa qualità anche in Francia, nonostante la famiglia reale cercasse in tutti i modi di sponsorizzarla presso il popolo. I francesi iniziarono ad apprezzare la patata solo qualche anno dopo per merito di un agronomo e farmacista che riuscì a vincere i pregiudizi dell’Accademia di Medicina di Parigi piantando interi campi di patate nelle zone agricole attorno a Parigi. Nonostante questi campi fossero sorvegliati dalle guardie reali durante il giorno, nel corso della notte gli abitanti, incuriositi da questa misteriosa coltura, riuscivano a rubacchiare qualche tubero. La patata divenne un acclamato cibo popolare in Francia solo durante la Rivoluzione, quindi nel 1789, per diventare poi qualche anno dopo un ingrediente indispensabile nell’alta cucina francese e diventare protagonista di un acclamato libro di ricette.
Nel nostro paese la patata venne introdotta nel Cinquecento da Ferdinando di Toscana ma non godette di una grande fortuna, tanto da essere relegata per molti anni a pianta ornamentale. Fu lo scienziato Alessandro Volta a coglierne il valore e a promuoverla presso la comunità scientifica dell’epoca. Le prime coltivazioni su larga scala ebbero infatti luogo intorno alla metà del ‘700, anche se veniva sempre considerata un cibo per poveri e quindi disprezzata e osteggiata dal mondo borghese. Un interesse particolare nella patata si ebbe nel 1845 in seguito a un’epidemia di peronospora, che indusse gli agronomi a dedicare maggiore attenzione a questa pianta. L’interesse generale crebbe trasformando la patata in uno degli alimenti ancora oggi più popolari… in tutti i sensi.

Caratteristiche

La patata è un tubero annuale della famiglia delle Solanacee che viene seminata, in base all’area geografica e alle condizioni climatiche da dicembre a marzo, per poi maturare tre mesi dopo. Diversamente da quanto molti credono, la patata non è la radice della pianta ma è una formazione che si origina dalla porzione epigea del fusto, in mezzo alle radici. Per quel che riguarda le foglie invece, le prime crescono intere mentre quelle successive sono irregolari, le più giovani anche ricoperte da peluria. I fiori sono raggruppati in infiorescenze e hanno un calice con cinque petali che vanno dal bianco al viola al rosso purpureo, con cinque costolature che danno al fiore la caratteristica forma a stella.
Queste pianto danno origine a una grande varietà di patate che vengono distinte sia dalla forma che dal colore del tubero, così come al periodo di maturazione. Possono esserci infatti patate tonde, ovali, gialle, rosse, violette, a pasta bianca o gialla, e possono essere precoci, semi-precoci o semi-tardive.
La sua coltivazione deriva da una moltiplicazione clonale, non dalla semina di un vero e proprio seme: lo stesso seme di patata che viene posto sotto terra è infatti un pezzettino di patata, che impiegherà dai 70 giorni per le precoci ai 150 giorni per le tardive per arrivare al momento della raccolta. I terreni climaticamente più favorevoli sono quelli montani, basti pensare allo sviluppo straordinario che ebbe questa coltivazione in Irlanda. Per quel che riguarda la raccolta invece, se una volta veniva ovviamente eseguita manualmente con grande dispendio di energie, al giorno d’oggi vengono utilizzati diversi tipi di scavatrici per via del fatto che il tubero non è particolarmente delicato quindi non necessita di una raccolta ‘attenta’.
Così come il pomodoro e anche altri tuberi quando rinverdiscono, la patata contiene un alcaloide chiamato solanina (la patata appartiene infatti alle solanacee) che può causare intossicazioni più o meno gravi che si manifestano con mal di testa, debolezza, stato confusionale, dolori addominali, dissenteria e addirittura la morte nei casi di intossicazione più grave. Per intenderci, lo stesso tipo di veleno della solanina è presente in altre piante velenose come la Belladonna e la pianta di tabacco.
Il veleno è sviluppato dalla pianta per difendersi dai predatori ed è concentrato solitamente nelle foglie, nei germogli e nei frutti. E visto che l’esposizione alla luce può incrementare la tossicità del veleno e incrementare i quantitativi di solanina, si consiglia di conservare le patate in luoghi bui e asciutti, per evitare il rinverdimento e la germinazione, avendo cure di rimuovere eventuali germogli prima della cottura. C’è anche da dire che una cottura ad alte temperature, ossia superiori ai 170 C°, può distruggere parzialmente le sostanze tossiche, tanto che i casi di grave intossicazione causata dalle patate sono piuttosto rari.

Tipologie

Non è un mistero che le patate siano ricche, anzi ricchissime di carboidrati (intorno a 26 grammi per una patata di medie dimensioni) prevalentemente sotto forma di amidi, di cui una piccola parte è resistente agli enzimi dello stomaco e dell’intestino, con conseguenti effetti simili a quelli delle fibre alimentari.
Oltre ai carboidrati, le patate contengono anche moltissime vitamine, proteine e sali minerali, principalmente contenute nella buccia, così come accade in molti altri prodotti vegetali. Visto che siamo soliti mangiare molti alimenti sbucciati, spesso perdiamo insieme alla buccia tantissime sostanze nutritive. Sono quattro i tipi di patata che troviamo in commercio:
  • A pasta gialla: sono caratterizzate da una polpa compatta e da un’elevata presenza di caroteni, da cui deriva il colore molto intenso della pasta. Solitamente vengono impiegate per farne, sia a livello casalingo che industriale, le patatine fritte, anche se danno buoni risultati anche nelle insalate o cotte al forno.
  • A pasta bianca: sono caratterizzate da una polpa friabile e farinosa, che facilmente si spappola durante la cottura, quindi sono senza dubbio le patate ideali per essere schiacciate nella realizzazione, ad esempio, di purè, soufflé, gnocchi o crocchette.
  • Novelle: sono caratterizzate dall’avere una pelle sottile, in quanto vengono raccolte quando il processo di maturazione non è ancora volto al termine. Non possono essere conservate a lungo e bisogna bollirle con tutta la buccia.
  • A buccia rossa e pasta gialla: sono caratterizzate da una polpa molto soda, che le rende il tipo di patata ideale per la cottura al forno, al cartoccio e per la frittura.
Nonostante queste suddivisioni, c’è da dire che sono innumerevoli i modi di preparare le patate, a cominciare dalla cottura: possono essere cotte con e senza buccia, intere, a pezzetti, condite o non. Indipendentemente dal metodo scelto è comunque indispensabile ricordare che la patata è un tubero che va comunque cotto prima di essere consumato, in quanto la cottura serve a scomporre gli amidi. Solitamente, inoltre, tranne in alcune preparazioni come l’insalata di patate, è anche un cibo che va servito e consumato caldo.
Sono molte le ricette che si possono fare con le patate, a cominciare dal purè di patate, che si prepara con le patate bollite e pelate, anche se qualcuno ama prepararlo anche con le bucce, a cui vengono aggiunti latte, burro e in alcuni casi un po’ di parmigiano. Una patata si può anche cuocere, intera, nel forno, o bollita e condita con un filo d’olio, tagliata a fettine o dischi e fritta, ridotta a cubetti e cotta al forno con olio, aglio e rosmarino, bollite e schiacciate per preparare gnocchi, soufflé, e alcuni tipi di pane e di focaccia. Vengono utilizzate abbondantemente anche per la preparazione di spezzatini e anche come condimento per la pasta in molte cucine regionali del nostro paese.
Chi non avesse voglia di perdere troppo tempo ai fornelli troverà nella patata un’ottima alleata per la cottura in microonde: la patata infatti è uno dei pochi alimenti che, cotti al microonde, mantiene inalterate le proprie proprietà nutritive. Il trucco in questo caso è di avvolgerle in un foglio di plastica a cui avrete effettuato dei buchini, di modo che durante la cottura la patata possa essere ventilata e allo stesso tempo aiutata a trattenere l’umidità. Questo metodo consente di ottenere una patata molto simile a una patata cotta al forno in pochissimi minuti, quando per cuocere una patata intera al forno è necessaria quasi un’ora, dipendendo anche dalla dimensione della patata.

Curiosità

  • Nell’arte
    La patata è stata una coltura di fondamentale importanza nella zona delle Ande già ai tempi dell’era precolombiana, quindi non è difficile trovare manufatti, in particolar modo nella zona del Perù del nord, rappresentanti questo tubero sia per la creazione di diverse forme di importanza rilevante, sia antropomorfizzate. Avvicinandoci alla nostra epoca, intorno al Diciannovesimo secolo la patata ebbe un ruolo importante anche nell’arte europea, comparendo nei lavori di Willem Witsen e Anton Mauve. Lo stesso Van Gogh la rese protagonista del dipinto “I mangiatori di patate”, che rappresentava una famiglia che, riunita attorno al tavolo, mangiava patate.
    Risale invece al 1949 il brevetto da parte della Hasbro di Mr. Potato Head, un pupazzo a forma di patata a cui è possibile applicare diverse altre parti del volto e del corpo per antropomorfizzarlo.
    La patata ha anche un museo a lei dedicato, a Blackfoot nell’Idaho.
  • Con il tartufo
    Nel 1565 Filippo II di Spagna fece dono al papa di un gran quantitativo di patate per diffondere quseta coltura in tutta Europa. Quando arrivarono dal papa, le patate vennero purtroppo scambiate per tartufi e assaggiate crude. Anche questo di certo non aiutò la patata ad avere una rapida diffusione.
  • Multiuso
    La patata appare anche in una pubblicazione chiamate “Il comandante di stazione” dell’anno 1886, rivolta ai sottufficiali dei carabinieri, in cui appare questo consiglio: ““L’acqua delle patate bollite adoperata per pulire le spalline, i fregi del cappello e del berretto, i puntali ed in genere tutti gli oggetti d’argento, è di un’efficacia sperimentata per togliere dagli ornati le materie nerastre che vi si formano, e ridonare al metallo il suo primitivo splendore”. Consiglio tutt’oggi valido!
  • Fotografia
    La fotografia a colori nasce anche grazie alla patata. I fratelli Lumiére, infatti, nel 1904 utilizzarono anche fecola di patate tra gli ingredienti dell’emulsione che servirono a creare le lastre Autochrome, vere e proprie ave delle nostre moderne pellicole fotografiche.
  • Chips
    Le chips (per intenderci le patate tonde e sottili che siamo abituati a consumare in sacchetto) furono inventate nel 1853 da George Crum, un cuoco di un famosissimo hotel di Saratoga Spring, che per soddisfare i capricci alimentari di un pezzo grosso delle ferrovie, tale Cornelius Vanderblit, che si lamentava delle patate fritte dell’epoca, secondo lui troppo spesse e pesanti. Il cuoco quindi, inviperito, volle dargli una bella lezioncina affettando le patate il più sottile possibile. Inaspettatamente, fu un successo clamoroso tanto che ancora oggi è uno dei modi preferiti per prepararle, anche in casa.